«Il filosofo che io amo di più, Lorenzo Valla, diceva che non esistono i sette peccati capitali. Esiste un solo peccato: fare del male a qualcuno. E a chi fa male un uomo se fa l'amore con un altro uomo consenziente? A nessuno. Dunque perché condannarlo, e perché impedirgli di realizzare un desiderio se questo desiderio è sposarsi con la persona che ama?».
Luciano De Crescenzo, che con i suoi saggi sta ripercorrendo tutta la storia della filosofia occidentale, in tema di omosessualità è costretto a tornare agli amatissimi greci.
«Socrate è considerato unanimemente uno degli uomini più buoni e più saggi mai apparsi a questo mondo, eppure aveva sei amanti. Oltre alla moglie Santippe, c'erano una cameriera di 16 anni, Mirto, e quattro ragazzi: Agatone, Pausania, Aristodemo e Alcibiade. Quest'ultimo addirittura, si racconta nel Simposio, fece pubblica dichiarazione del suo desiderio sessuale per il Maestro. Tutto ciò, nella Grecia del tempo, era normale: far l'amore con un uomo o con una donna era socialmente indifferente, anzi qualcuno sosteneva che un amante uomo era più nobile».
Ma da allora nessuna società occidentale ha rivissuto una simile liberalità.
«Perché negli ultimi duemila anni è stata la Chiesa cristiana, e poi cattolica per quel che ci riguarda, a condizionare le scelte etiche. E la Chiesa ha assunto fin dall'inizio come suo slogan la frase 'Siamo nati per soffrire'. Ogni cosa che provoca godimento è condannata. La gola come la lussuria. A chi faccio male se mangio una sfogliatella? A nessuno, tutt'al più a me stesso perché ingrasso o mi sale il colesterolo. Ma occorre mettere in mezzo Dio per ricordarmelo? E non ci sono cose più importanti a cui deve pensare il buon Dio? Che so, guerre, bambini malati, fame quella vera, non la mia, quella che uccide migliaia di persone ogni giorno. La stessa cosa è per l'omosessualità. Del resto per la Chiesa anche il sesso fra eterosessuali è peccato. Anche marito e moglie dovrebbero fare l'amore solo per procreare. Quindi se uno ha due figli deve averlo fatto solo due volte, la terza è già un peccato terribile».
Da dove nasce questa cultura della sofferenza?
«Dal potere. Quando è che si ricorre a Dio, al prete? Quando si soffre. La Chiesa, e di conseguenza i suoi ministri, per esercitare il potere ha bisogno di persone che soffrono. Quindi le loro regole impongono la rinuncia, cioè la sofferenza, e al tempo stesso la provocano, la alimentano. Si soffre rinunciando a ciò che si desidera di più. E si soffre, per senso di colpa, se non vi si rinuncia».
Come spiega la sua eterosessualità?
«Ogni essere umano nasce bisessuale. Nella nostra società la maggioranza è eterosessuale per i condizionamenti che riceve fin dalla nascita. A me, per esempio, da piccolo mi dicevano: 'Vedi, chillo è recchione, uh, che vergogna!'. E così mi sono indirizzato verso le donne. Ma non per questo sono migliore o peggiore, non per questo voglio essere giudicato».
Sarebbe d'accordo anche sull'adozione, per le coppie gay?
«Pensa che un bambino stia meglio in un orfanotrofio o con due persone intenzionate ad amarlo e curarlo come un figlio? Sarà felice? E chi può dirlo? Non lo possiamo dire nemmeno di un bambino adottato da eterosessuali e nemmeno di un bambino che cresce con i genitori naturali».